
La questione del tovagliolo. Leonardo da Vinci e l’acuta pensata.
Il tovagliolo, così come lo conosciamo oggi, comparve nel 1491. Leonardo da Vinci, maestro
cerimoniere degli Sforza, non tollerando per nulla la mancanza di igiene e il disordine imperante
sulla tavola di aristocratici e nobili, atti a mangiare in modo indecoroso e incivile, propose una
interessante soluzione: una piccola tovaglia sulla tovaglia ad ogni commensale.
Sperimentando un nuovo approccio del comportamento più adeguato ad un principe e ai suoi
invitati e desiderando conferire un aspetto dignitoso ed accurato ai banchetti di corte, il
‘truccabocca’ avrebbe riempito il suo inventore di orgoglio e di ottimismo insieme.
Gli acquamanili medioevali, utilizzati un po’ da tutti, le coppe con acqua aromatizzata al rosmarino
o alle rose ad uso collettivo per ‘dar acqua alle mani’ richiedevano l’uso di ‘salviettine’ o panni
bianchi per asciugarle opportunamente. Nonostante il ‘galateo’ dell’epoca insegnasse già le buone
maniere, l’abitudine di pulirsi mani e bocca con lembi della tovaglia o sulle maniche degli abiti era
comunque diffusa, là dove c’erano tazze con acqua profumata, accettata solitamente volentieri in
segno di rispetto. Leonardo si convinse della riuscita della sua trovata, impressionato dalle stranezze
poco igieniche in uso alla corte di Ludovico il Moro: l’abitudine di pulirsi le dita con il pelo di
conigli vivi legati alle rispettive sedie degli ospiti o con mantelli sul dorso dei cani sotto il tavolo
era molto frequente.
L’ambasciatore di Firenze a Milano, Pietro Alemanni, riferiva a Lorenzo De’ Medici che « Mastro
Leonardo… da qualche tempo ha abbandonato la scultura e la geometria per risolvere i problemi
delle tovaglie del Sire Lodovico, la cui sporcizia — me l’ha confessato — lo assilla. E adesso ha
messo in tavola la sua soluzione: una tovaglia individuale posta davanti ad ogni ospite, da insozzare
al posto della tovaglia grande», rigorosamente bianca e distesa, proprio come quella del suo
‘Cenacolo’. Nacquero situazioni insolite, ‘tragicomiche’, poiché nessuno sapeva come utilizzare il
tovagliolo, così che tutti lo trasformarono in oggetto di gioco e scherno. A cosa serviva? Dove si
teneva? Intorno al collo come in età romana, a mo’ di bavaglino, sull’avambraccio, su una spalla,
sulle gambe, sulla tavola? La novità venne recepita non proprio positivamente e fraintesa, restò
incompresa e snobbata dai più. La tovaglia, alla fine del lauto pasto, era destinata a restare, come
sempre, macchiata e molto ‘colorita’ o colorata. Leonardo non si arrese, anche se la btrillante idea
non riuscì a raggiungere l’obiettivo prefissato per le radicate abitudini e la reticenza al cambiamento.
Esemplificativo resta il famoso Codex Atlanticus, conservato nella Sala del tesoro della Biblioteca
Ambrosiana milanese, contenente innumerevoli disegni schematici con forme geometriche, soggetti
di uccelli, fiori, edifici, per riuscire a piegare il tovagliolo a regola d’arte e in modo creativo. Con
l’originale invenzione del tovagliolo compaiono anche ‘macchine’ rotanti per l’asciugatura dopo il
lavaggio, concretizzata successivamente e concepita alla maniera attuale addirittura nel XVIII
secolo. Anche oggi il tovagliolo impone le sue buone regole: qualora non vengano rispettate, il
piccolo e delicato quadrato di stoffa, adagiato garbatamente sulla tavola apparecchiata, può
trasformarsi in un elemento di imbarazzante scortesia. Quindi attenzione a come si usa!







